CIRCOLARE N.161 -COVID-19 E LA FORMAZIONE NEL LAVORO
Gentile Cliente,
Alcune riflessioni sul decreto sulla fase 2: come può essere gestita la formazione per la sicurezza sul lavoro in questa fase di ripresa delle attività lavorative?
Le attività economiche, produttive e sociali possono svolgersi a partire dal 18 maggio.
Nelle aziende che osservano e mettono in pratica tutte le disposizioni di prevenzione e sicurezza i lavoratori riprendono il proprio lavoro.
La formazione è un tutt’uno con il lavoro.
è obbligatoria l’informazione ai lavoratori che rientrano al lavoro e devono adottare sistemi di salute e sicurezza, distanziamento, uso del DPI, ecc. Nessuna norma vieta, anzi, che detta informazione oltre che con un semplice volantino possa essere svolta sotto forma di un breve corso di informazione (uguale alle modalità della formazione) che sarà sicuramente più efficace e utile.
Una lettura complicata e complicante è invece quella del punto 13 del D.L. del 25 marzo allorchè ripropone che “Le attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché la frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, comprese le Università e le Istituzioni di Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica, di corsi professionali, master, corsi per le professioni sanitarie e università per anziani, nonchè i corsi professionali e le attività formative svolte da altri enti pubblici, anche territoriali e locali e da soggetti privati, sono svolte con modalità definite con provvedimento adottato ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020.”
Il richiamo a questo articolo del sopra citato decreto-legge è quanto mai impreciso e confuso.
Prima di tutto il nuovo decreto n. 33 abolisce il suddetto decreto n. 19 che ancora deve essere convertito in legge. Ed una volta convertito viene di fatto abolito. All’art. 1 di questo decreto legge si legge al comma 2, lettera p) la “sospensione dei servizi educativi per l’infanzia di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, e delle attività didattiche delle scuole di ogni ordine e grado, nonché delle istituzioni di formazione superiore, comprese le università e le istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica, di corsi professionali, master, corsi per le professioni sanitarie e università per anziani, nonché i corsi professionali e le attività formative svolte da altri enti pubblici, anche territoriali e locali e da soggetti privati, o di altri analoghi corsi, attività formative o prove di esame, ferma la possibilità del loro svolgimento di attività in modalità a distanza”.
La medesima formulazione, attenzione, togliendo la dizione, “ferma la possibilità del loro svolgimento di attività in modalità a distanza” si trova nel nuovo D.L. n. 33.
Il richiamo all’art. 2 è quanto di più confusionario sia il prodotto di questa pandemia legislativa: sono possibili nuovi DPCM o di singoli ministri, di presidenti delle regioni e via dicendo. E sempre non chiarendo di cosa si vuol dire e fare in concreto sono “fatti salvi gli effetti prodotti e gli atti adottati sulla base dei decreti e delle ordinanze emanati ai sensi del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, ovvero ai sensi dell’articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Continuano ad applicarsi nei termini originariamente previsti le misure già adottate con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri adottati in data 8 marzo 2020, 9 marzo 2020, 11 marzo 2020 e 22 marzo 2020 per come ancora vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Le altre misure, ancora vigenti alla stessa data continuano ad applicarsi nel limite di ulteriori dieci giorni”
Dato atto che le attività cosiddette di “didattica” sono sospese si persegue in una ottica di assimilare la formazione alla sicurezza sul lavoro, svolta in azienda, con il resto della formazione. La confusione non è solo nei termini ma soprattutto concettuale nel voler assimilare la cosiddetta “formazione continua” con la formazione professionale.
Oltre al fatto di non aver colto l’occasione nel definire, quanto ormai assodato, che la videoconferenza equivale alla formazione in aula non è espressamente richiamata nel D.L. n. 33 e neppure richiama la generica formulazione della formazione in modalità a distanza.
Del resto alcune regioni che sono entrate nel merito della differenza tra la formazione tout court e la formazione sulla sicurezza sul lavoro hanno esplicitamente consentito non solo della videoconferenza valevole come formazione in presenza ma anche che la parte pratica della formazione può essere svolta in azienda.
Una conseguenza logica è che gli stessi lavoratori che svolgano l’attività pratica possano, ovviamente, svolgere anche la parte teorica del corso. Infatti questa tipologia formativa deve essere svolta in azienda ed in orario di lavoro non è sempre possibile (e difficilmente attuabile) che tutti i lavoratori dispongano in azienda di una postazione per seguire una videoconferenza. E’ naturale che detti lavoratori (sempre con le dovute misure di sicurezza) possano prima svolgere la parte teorica e poi quella pratica.
Questo stato delle cose è evidente. Come è evidente che parlare di formazione a livello generale significa di formazione sia professionale e sia della libera formazione (si pensi ai corsi di lingua, cucina, ecc.) che spesso viene svolta in complessi simili e similari alla scuola in aule ed ambienti specifici.
Si tratta, in questi casi, della cosiddetta “formazione a catalogo” dove un corso viene proposto ad una platea vasta di partecipanti e, quindi, rientrante nei provvedimenti governativi della sospensione.
La differenza sta nella formazione correlata alle attività lavorative ed alla classica attività in modalità scolastica.
In una delle linee di indirizzo emanata dalle regioni per la riapertura delle attività economiche si fa riferimento sia all’obbligo delle norme previste dal D. Lgs. 81/2008 e poi, ad esempio, si determina anche l’apertura delle autoscuole con la possibilità di svolgere, ovviamente, le esercitazioni di guida.
Il caso del “Protocollo” sulla sicurezza firmato dalle parti sociali, utile ed importante, dimentica piè pari il ruolo del Servizio di Prevenzione e Protezione che non viene sostituito dal “comitato aziendale”. E’ pur vero che vi sono giusti e corretti adempimenti di cui il “comitato” ne assume responsabilità ma non viene meno il Servizio ed il compito dei R.S.P.P. che si affianca e non viene esautorato dal “comitato”.
In molte aziende, correttamente, si è svolta la riunione periodica che ha dato vita al “comitato”.
In un precedente decreto, nessuno ricorda più quando scade e la sua validità giuridica, è stato scritto che fino al 15 giugno 2020 non è necessario l’aggiornamento formativo per i lavoratori e che tale mancanza non impedisce lo svolgimento delle rispettive mansioni.
Nell’art. 37 del D. Lgs. 81/2008 è chiaro come il datore di lavoro deve assicurare la formazione ai lavoratori in occasione di una nuova assunzione, del trasferimento o cambio di mansioni e nell’introduzione di nuove attrezzature di lavoro o nuove tecnologie. Qui non ci sono deroghe.
E quale occasione migliore per utilizzare questo momento di riflessione e di ripensamento indotta dalla pandemia da COVID-19 per ampliare la formazione dei lavoratori sulla propria salute e sicurezza sul lavoro?
Il Team Framinia è a Vs disposizione per qualsiasi informazione e approfondimento in merito a quanto discusso.
Roma, 03/06/2020
FRAMINIA SRL